Sicurezza urbana: l’app messa a punto dal Comune non può scavalcare la privacy dei cittadini
In un capoluogo dell’Emilia-Romagna era stata lanciata un’applicazione in grado di comunicare ai cittadini registrati quando gli stessi siano entrati in una zona videosorvegliata. L’app forniva anche ulteriori opzioni di dialogo

Sulla vicenda è però intervenuto il Garante Privacy che, con il provvedimento n. 374 del 20 giugno 2024, ha messo in guardia la Città sul rispetto della normativa privacy.
Il progetto, finanziato e approvato dalle forze di polizia, è infatti partito in assenza di una specifica valutazione privacy. Il responsabile della protezione dei dati ha quindi consigliato al Comune di aprire un tavolo di discussione, ma è stata una mossa tardiva.
Il comunicato stampa diffuso dall’ente ha infatti attirato l'interesse delle autorità, che hanno avviato un'indagine a luglio 2022. Gli sforzi per correggere le carenze dell'iniziativa, consigliati sia dal responsabile della protezione dei dati che da consulenti esterni, sono stati rivelatisi utili.
Dall'indagine è emerso che l’app consentiva al pubblico di monitorare le zone di videosorveglianza senza necessità di chiamate di emergenza. Nello specifico, «l'applicazione informatica denominata (…) consentiva agli utenti di verificare la loro presenza in un'area sottoposta a videosorveglianza da parte del comune, nonché di inviare segnalazioni relative a possibili situazioni di degrado o di generico potenziale rischio - non tali da rendere necessaria una chiamata di emergenza - mettendo in evidenza per gli operatori della polizia locale, preposti alla visione delle immagini di videosorveglianza, gli specifici filmati trasmessi dalla telecamera presente sul luogo oggetto di segnalazione». Questo ha portato a una sanzione solo per il responsabile del trattamento dei dati. Il Garante ha stabilito che l'applicazione e il sistema di videosorveglianza sono stati attivati in violazione delle leggi europee sulla protezione dei dati.
Tra le violazioni riscontrate rientrano la mancanza di una corretta informativa, ruoli privacy non chiaramente definiti con il fornitore, e l'assenza di valutazioni tempestive della privacy e di misure di sicurezza adeguate.